Cosa si intende per casa familiare
Il tema della casa familiare (o casa coniugale) rappresenta un ambito particolarmente spinoso, complice il fatto che tale concetto è destinato a venire in rilievo al momento della disgregazione dei rapporti familiari, siano essi fondati o meno sul coniugio. In tal caso, infatti, sorgono spesso difficoltà per quanto riguarda la sua assegnazione e, sul punto, la presenza o meno di figli appare un fattore fortemente dirimente.
La definizione di casa familiare
Nel nostro ordinamento la casa familiare riveste un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda il profilo sociale, sia per quello giuridico. Il codice civile, pur menzionando espressamente la “casa familiare”, non reca una sua puntuale definizione.
Nel silenzio del legislatore è dunque intervenuta la giurisprudenza, affermando che la casa familiare si identifica con “il luogo degli affetti, degli interessi, e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, centro di aggregazione e di unificazione dei componenti del nucleo, complesso di beni funzionalmente organizzati per assicurare l’esistenza della comunità familiare”.
Si tratta, dunque, di quell’insieme di beni, mobili e immobili, finalizzati all’esistenza domestica della comunità familiare e alla conservazione, anche nelle fasi patologiche, dell’habitat domestico, centro di affetti e di interessi in cui si esprime e si articola la vita familiare, lo stato duraturo e prevalente nella convivenza familiare.
In pratica, casa familiare sarà quel luogo (a prescindere da chi ne sia legittimo proprietario) in cui la famiglia vive insieme, dimora stabilmente e nel quale si svolgono con continuità la vita domestica e le consuetudini dei suoi vari componenti prima che si giunga alla disgregazione del legame tra la coppia.
Assegnazione della casa familiare
Quando una coppia si separa, dunque, di norma anche la convivenza tra gli stessi viene a mancare. Qual è, a questo punto, la sorte della casa familiare? Chi continuerà ad abitarci?
La risposta non è univoca e gioca un ruolo fondamentale proprio la presenza di figli, minorenni o maggiorenni. L’assegnazione viene disposta da un provvedimento del giudice che, va rammentato, non trasferisce la proprietà del bene, bensì il solo diritto di abitazione.
La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 308/2018, parla di casa familiare come “ambiente domestico (…) funzionale allo sviluppo armonico della personalità dei figli”, fornendo così una definizione legata non all’ambiente, bensì alla funzione che questo svolge.
In effetti, la presenza o meno di figli è un aspetto particolarmente importante quando si deve decidere a chi assegnare l’abitazione in caso di scioglimento della vita di coppia: lo stesso art. 337-sexiex c.c. afferma che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Il legislatore punta dunque, in un momento delicato come quello della crisi dell’equilibrio familiare, ad assicurare che ai figli sia garantita la continuità abitativa, allo scopo di stravolgere il meno possibile la loro esistenza innanzi a un momento critico come quello della dissoluzione dell’unità della famiglia.
Assegnazione casa familiare in mancanza di figli
In caso di separazione, divorzio o cessazione della convivenza di fatto, in assenza di figli (oppure qualora questi siano ormai economicamente indipendenti) e in mancanza di diverso accordo (separazione consensuale), la casa coniugale non è assegnata dal giudice a uno dei coniugi, ma resta nella esclusiva disponibilità del titolare.
Se la casa è in comproprietà, invece, questa andrà divisa in natura; qualora ciò non sia possibile, l’abitazione viene solitamente venduta e il ricavato ripartito a metà tra i coniugi, salvo che l’altro non intenda rilevare la quota di proprietà residua divenendo così unico proprietario del bene.
Nel silenzio della legge, la tesi giurisprudenziale prevalente sostiene che la casa di proprietà dell’altro coniuge non possa essere assegnata come contributo per riequilibrare i rapporti economici tra gli stessi, essendo il provvedimento di assegnazione assunto nel solo interesse dei figli. In pratica, in assenza di prole, il giudice potrà tener conto dell’esigenza del coniuge privo di abitazione intervenendo sull’importo del mantenimento.
Assegnazione casa familiare in presenza di figli
Qualora siano presenti figli, il legislatore interviene dettando una disciplina più puntuale. Come anticipato, l’art. 337-bis c.c. afferma che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Anche la legge sul divorzio (L. 898/1970, art. 6, comma 6), precisa che l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. È dunque ben possibile disporre l’assegnazione della casa familiare anche in caso di figli conviventi maggiorenti, qualora questi siano incolpevolmente privi di adeguati autonomi mezzi di sostentamento.
Tale principio vale indipendentemente da chi sia il proprietario dell’immobile. Dell’assegnazione, il giudice terrà conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori considerando l’eventuale titolo di proprietà.
Il collocamento dei figli è dunque il principale presupposto che giustifica la decisione del giudice circa l’assegnazione della casa familiare: salvo diverso accordo tra i coniugi (purché si tratti di decisione presa nell’interesse dei figli), nell’abitazione resterà dunque il genitore con cui i figli convivono. Ciò allo scopo di tutelare la prole da un ulteriore trauma quale quello di dover abbandonare la casa in cui si è vissuto quando la famiglia era unita.
Poiché i figli nati fuori dal matrimonio sono equiparati a quelli nati da genitori coniugati, l’esigenza di tutelare la prole impone il rispetto e l’applicazione del principio di responsabilità genitoriale. Pertanto, al fine di preservare l’habitat familiare, nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza “more uxorio”, allorché vi siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, l’immobile adibito a casa familiare andrà assegnato all’ex convivente collocatario della prole.
Revoca dell’assegnazione della casa familiare
Il codice civile, infine, precisa che il diritto al godimento della casa familiare viene meno qualora l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio
A tali ipotesi si aggiunge quella di decesso dell’assegnatario, oppure qualora venga meno l’interesse dei figli, ormai maggiorenni e autosufficienti, ad abitarvi. La casa non rimarrà dunque al non proprietario, non essendo questi titolare di un autonomo diritto a restarvi.
Qualora si presenti una delle condizioni predette, il coniuge non assegnatario (proprietario o comproprietario) potrà rivolgersi al giudice e chiedere la revoca del precedente provvedimento di assegnazione della casa all’altro coniuge. Sarà il magistrato a occuparsi di valutare, sempre nell’interesse dei figli, se sussistono i presupposti per far venir meno l’assegnazione del diritto di abitazione.
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