Assegnazione casa familiare: pertinenze comprese
Quando una coppia si separa o divorzia, tra le questioni maggiormente rilevanti da disciplinare “post crisi” emerge quella inerente l’assegnazione della casa familiare o casa coniugale. Si tratta, in sostanza, di stabilire chi continuerà a vivere in quell’abitazione che, prima della rottura, costituiva il centro di aggregazione del nucleo familiare. Uno dei quesiti rilevanti è cosa rientra nel concetto di casa familiare e se ne fanno parte anche le pertinenze. La questione è stata risolta di recente dalla Cassazione.
L’assegnazione della casa familiare
La casa coniugale è stata definita dalla giurisprudenza quale “ambiente domestico” costituente centro di affetti, interessi e consuetudini di vita che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità della prole (Cass., sent. 308/2008).
=> Cosa si intende per casa familiare
L’assegnazione potrà essere oggetto di un apposito provvedimento del giudice o anche costituire uno dei punti su cui le parti potranno accordarsi in sede di negoziazione. L’importante, secondo la legge, è che si tenga prioritariamente conto degli interessi di quei membri “più deboli” della famiglia, che rischiano le maggiori conseguenze negative, ovvero i figli. Dovrà in sostanza essere loro garantita la possibilità di conservare lo stesso ambiente di vita anche dopo un evento traumatico come quello dello scioglimento del legame tra i genitori.
La materia è stata oggetto di riforma a seguito dell’intervento di cui al d.lgs. n. 154/2013 che ha introdotto nel codice civile l’art. 337-sexies, il quale riporta, con modificazioni, il contenuto dell’art. 155-quater contestualmente abrogato.
Assegnazione casa familiare con figli
La riforma ha messo al centro la prole, precisando che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli, non solo minorenni, ma anche quelli maggiorenni ed economicamente non autosufficienti, conviventi con i genitori.
Tale “ratio” protettiva, che tutela l’interesse dei figli a permanere nell’ambito domestico in cui sono cresciuti, non è configurabile in presenza di figli che, seppur convenienti, siano economicamente autosufficienti, redditualmente in grado di soddisfare le proprie necessità (Cassazione, 15367/2015), verso i quali non sussiste alcuna esigenza di speciale protezione.
Pur avendo anche riflessi economici, dunque, l’assegnazione della casa familiare si ritiene finalizzata all’esclusiva tutela della prole e dell’interesse di questa a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta.
Anche qualora l’immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all’imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni ma economicamente non autosufficienti (cfr. Cass. n. 24254/2018).
Presupposto dell’assegnazione della casa familiare è normalmente il collocamento dei figli. La casa familiare “segue” il genitore collocatario dei figli.
Assegnazione casa familiare senza figli
A seguito della riforma, la disciplina appare alquanto “settorializzata” e incentrata sui provvedimenti relativi alla prole, mentre vengono lasciate sullo sfondo le ipotesi inerenti l’assegnazione in assenza di figli.
Si tratta di una materia dove si registrano contrasti tra dottrina e giurisprudenza, ovvero tra coloro secondo cui il provvedimento di assegnazione della casa coniugale deve tutelare esclusivamente i figli e coloro che ritengono vada tutelato anche il coniuge più debole, privo di redditi adeguati.
Indubbiamente, in termini patrimoniali, viene in considerazione il titolo di proprietà dell’immobile. La giurisprudenza di legittimità ritiene, però, che l’assegnazione della casa familiare in assenza di prole non possa essere considerata componente del mantenimento in quanto non è prevista dall’art. 156 c.c. in sostituzione o quale componente del mantenimento.
Assegnazione casa familiare: pertinenze e box auto
La nozione “funzionale” di casa familiare adottata dalla giurisprudenza, ovvero come luogo in cui si è svolta in modo stabile, duraturo e prevalente la vita familiare durante la convivenza, il luogo che ha costituito il centro di aggregazione e di unificazione della vita familiare ovvero “il luogo degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza dei suoi membri, ha effetti anche su cosa debba esservi ricompreso.”
Ad esempio, si ritiene che, richiedendosi i requisiti di stabilità e continuità non possano essere compresi in tale nozione le eventuali case di villeggiatura godute stagionalmente dalla famiglia o comunque le abitazioni godute in modo saltuario e occasionale.
Quanto alle pertinenze, l’art. 818 c.c. precisa che gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto.
Cosa dice la Cassazione
Nell’ordinanza n. 510/2020 la Cassazione ha chiarito che la relazione pertinenziale tra due cose determina automaticamente l’estensione alla pertinenza degli atti o rapporti giuridici aventi ad oggetto la cosa principale, salvo che il rapporto strumentale sua cessato anteriormente all’atto concernente la cosa principale.
Spetta al coniuge non assegnatario dell’abitazione, stante tale automatismo presuntivo, dimostrare la cessazione del vincolo pertinenziale tra l’abitazione e altri locali, ad esempio un seminterrato, una cantina, e così via.
In precedenti decisioni, la giurisprudenza di legittimità e di merito hanno invece ritenuto che non costituisca casa coniugale e vada ricompreso nel provvedimento di attribuzione, il box auto o il garage, a meno che l’assegnatario dell’appartamento non dimostri la sua destinazione a servizio dell’abitazione (cfr. Cass., 29468/2011).
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