Beppe Bergomi ospite di Casa.it
Beppe Bergomi è stato ospite di Casa.it per presentare l’evento “Un gol nel tuo cuore” sponsorizzato da Casa.it che si giocherà a Biella sabato 18 gennaio e che vedrà il coinvolgimento della Nazionale Artisti TV. L’incontro è stata l’occasione per fare con lui una chiacchierata in cui si è parlato di crescita personale, di gruppo, di calcio, del suo libro e di suoceri juventini.
Luca Rossetto, Amministratore Delegato di Casa.it, ha accolto il campione del mondo della Nazionale dell’82, capitano dell’Inter per 10 anni e oggi commentatore di Sky Sport e ha scambiato con lui qualche battuta.
Luca Rossetto: Beppe Bergomi è una di quelle persone che valgono molto di più fuori dal campo che in campo, ed è stato un campione, è il secondo giocatore più giovane ad aver vinto una Coppa del Mondo, il primo si chiama Pelé.
Ho raccontato a Beppe poco prima di questo incontro che la metafora dello sport viene utilizzata spesso in Casa.it: non è uno sport individuale, bisogna avere talento, bisogna avere un allenatore che da bordo campo segnala che qualcosa non va o incoraggia la squadra quando le cose vanno bene e ci sono delle regole.
Beppe è qui perché è una persona impegnata nel sociale, rappresenta la Nazionale Artisti TV che giocherà la partita di calcio “Un gol nel tuo cuore” sponsorizzata da Casa.it il cui ricavato sarà devoluto ad organizzazioni che si occupano di chi ha avuto meno dalla vita.
Ti ringrazio per la tua disponibilità ad essere qui nonostante qui ci siano persone che hanno dei “difetti” (ride ndr).
Beppe Bergomi: Ho capito dove vuoi arrivare, queste persone sono in Casa.it, ma anche io le ho in casa, gli juventini sono dappertutto, (ride ndr) mio suocero è Juventino!
Al di là delle battute buongiorno a tutti, grazie per la presentazione, sono contento di essere qui. Ho portato con me il mio libro “Bella Zio” scritto circa un anno e mezzo fa con Andrea Vitali, uno scrittore tra i più bravi. Io ho smesso di giocare ormai da 20 anni nel ’99 e in questi anni in tanti mi hanno chiesto di scrivere un libro, ma io ho sempre detto di no. Se una persona vuol sapere cosa ha fatto Beppe Bergomi va su Internet e lo trova. Ho sempre detto di no fino a quando ho conosciuto Samuele uno psicologo dello sport quando ho allenato a Como l’ultimo anno con il settore giovanile a livello professionistico e lui mi ha dato una chiave diversa mi ha consigliato di scrivere non quello che ho fatto, ma quello che ho fatto prima per raggiungere determinati risultati. Mi è piaciuta l’idea e dal confronto con Andrea Vitali è nato il libro che è un racconto di formazione: “Bella Zio”. Secondo me contiene dei bei messaggi che possono essere utili in campi diversi come dicevi anche tu: la metafora dello sport funziona anche a livello aziendale.
Luca Rossetto: come azienda teniamo molto alla voglia di migliorarci, di miglioraci insieme; la prestazione individuale è importante, però la prestazione di qualcuno più bravo di te è un ingrediente fondamentale che può permettere a chi magari è un po’ più indietro, un po’ più giovane o più inesperto di migliorare.
Beppe Bergomi: si migliora sempre. Mi viene in mente l’esempio di Lothar Matthäus è grazie a Trapattoni che ha imparato a calciare di sinistro perché a fine allenamento il Trap lo metteva a calciare di sinistro. Ha vinto il mondiale del ’90 – per me è ancora una ferita aperta – facendo un gol alla Jugoslavia, di sinistro! In seguito ha vinto il Pallone d’Oro. Questo per dire che nel calcio, a livello sportivo ma non solo si può sempre migliorare. Ovviamente se uno ha voglia di mettersi a lavorare sulle carenze, ma anche sulle abilità.
Porto sempre Lothar Matthäus come esempio perché lui era un grande campione e con un maestro di vita come il Trap è riuscito ad elevarsi ancora di più.
Luca Rossetto: ho una curiosità, tra le tante, io ho in mente l’Inter e la Nazionale di quegli anni in cui c’erano Zenga e Bergomi che erano come il diavolo e l’acqua santa.
Beppe Bergomi: eravamo in camera insieme!
Luca Rossetto: e non siete riusciti a influenzarvi l’un l’altro?
Beppe Bergomi: Zenga era sempre in mezzo ai casini e mi diceva “più sono in mezzo ai casini, meglio gioco”. Io invece dovevo essere più tranquillo, per me doveva essere sempre tutto a posto. Zenga grande giocatore e grande campione. All’interno di un gruppo ci sono sicuramente personalità diverse ma l’importante non sono le personalità, l’importante è sempre il gruppo. Un mio allenatore diceva sempre: “non è importante il nome che porti sulle spalle, ma lo scudetto che porti sul cuore”. Singolarmente non si va da nessuna parte, sono riuscito ad ottenere dei risultati quando il gruppo era forte e giocava da squadra. Il massimo è stato nell’82 ma quella era una squadra eccezionale però l’amicizia, lo stare insieme Walter Zenga, Riccardo Ferri, abbiamo fatto la storia di quella squadra ma perché arrivavamo dal settore giovanile e sapevamo cosa volesse dire il senso di appartenenza. Far capire anche da capitano cosa volesse dire indossare quella maglia, i valori, soprattutto ai ragazzi giovani che arrivavano e ai giocatori stranieri.
Luca Rossetto: quali sono gli ingredienti più importanti per vincere?
Beppe Bergomi: io porto sempre l’esempio dell’82. Io da 18enne ho avuto un allenatore che per me è stato un secondo papà: Enzo Bearzot. Io ho perso mio padre da giovanissimo, avevo 16 anni. In una trasferta a Lipsia, con la Nazionale Juniores, sono atterrato, ho ricevuto la triste notizia e sono dovuto ritornare. Il destino ha voluto che il mio esordio in Nazionale fosse proprio a Lipsia nell’aprile dell’82. Da lì è nata quella Nazionale. Bearzot fece delle scelte, scelse di portare giocatori funzionali, magari rinunciando a campioni che erano anche capocannonieri come Pruzzo per portare, per esempio, Selvaggi che era più funzionale al gruppo. Quello era un gruppo di grandi uomini e di grandi giocatori. Io ho cercato di inserirmi piano piano, facendomi voler bene, questo non vuol dire che quando c’erano le partitelle io non menassi anzi li picchiavo un po’ tutti (bisognava essere così perché ti rispettavano di più).
Un gruppo riesce ad ottenere risultati quando ogni componente riesce a togliersi qualcosa di proprio per darlo agli altri.
Questo messaggio cerco di farlo capire anche ai ragazzi di oggi che sono abituati ad avere tutto e subito. Invece per ottenere un risultato serve un po’ di fatica.
Tutti questi ingredienti messi insieme ti portano a raggiungere il tuo obiettivo, un risultato. Poi vince uno solo ma l’importante è essere protagonisti e rimanere sempre là in alto.
Luca Rossetto: una bella storia, che ti ha permesso di essere anche molto longevo dal punto di vista atletico…
Beppe Bergomi: io ho fatto il professionista per le conoscenze che avevo, avessi avuto le conoscenze che ho ora sarei durato ancora di più. Un paio di esempi: l’importanza dell’alimentazione. Negli anni ’80 ci davano da mangiare: risotto alla parmigiana, filetto, crostata e macedonia. Ora è cambiato moltissimo. L’importanza della palestra, lavorare la parte sopra ti fa andare più veloce, negli anni ’80 questo aspetto non veniva preso in considerazione. Per le conoscenze che avevo ho cercato di fare il professionista. Per questo dico che i calciatori di oggi non dovrebbero mai sbagliare.
Io alleno dei ragazzi del 2003, sono molto svegli più di quanto lo fossimo noi, e vogliono tutto e subito. Dopo 3 partite senza giocare vogliono andar via, arriva il papà a reclamare. Ci vuole calma. Una frase bellissima che ho imparato da Julio Velasco che ha detto a un ragazzo molto giovane che era andato in battuta dopo Ivan Zaytsev in allenamento e che aveva commesso qualche errore: “l’acqua bolle a 100 gradi. Ogni cosa a suo tempo, ci vuole pazienza. Non si può avere tutto e subito.”.
Luca Rossetto: qual è stato il momento più difficile della tua carriera?
Beppe Bergomi: dopo i 5 anni di Trapattoni dove eravamo protagonisti è arrivato l’anno di Orrico e sono andato un po’ in difficoltà. Ho perso la Nazionale dopo tanti anni. Perdi le tue certezze. Le colpe ricadono su di te. Poi San Siro è uno stadio molto difficile, arrivano i fischi. Quello è stato il mio momento più difficile, in quei momenti ti metti un po’ in discussione, cerchi di capire dove stai sbagliando, dove puoi migliorare. Le persone che ti stanno vicino ti aiutano. Devi saper resistere a questi momenti perché le cose cambiano, anche repentinamente. Succede anche all’interno di una stessa partita. In questi anni pian piano ne sono venuto fuori. Una delle cose più belle è stata fare un mondiale a 35 anni.
Luca Rossetto: Meglio adesso il mondo dello sport o ai tuoi tempi?
Beppe Bergomi: A me non piace guardare indietro, guardo sempre avanti. A quel tempo c’era un calcio diverso.
Ora viviamo il tifo in modo molto esasperato lo vediamo dalla violenza, gli insulti razzisti, etc. Questo fa si che il nostro calcio debba per forza migliorare. Gli esempi vengono dall’estero dove si vive il calcio in modo diverso.
Sotto l’aspetto tecnico invece mi piace il calcio di oggi, un calcio veloce, un calcio bello.
I ragazzi di oggi vivono grandi pressioni e le sanno gestire anche abbastanza bene.
Domanda dal pubblico: ti vediamo spesso al Forum, cosa ti piace del Basket?
Beppe Bergomi: seguo il Basket dagli anni ’80. La cosa che mi piace di più è che posso tifare liberamente, nessuno ti dice nulla. Mi piace l’ambiente. Mi appassiona, anche se non sono un tecnico, è uno sport che riesce a darmi emozioni. Lo sport deve dare emozioni.
Luca Rossetto: grazie Beppe per essere stato qui.
Beppe Bergomi: grazie a voi, siete una bella squadra!