Il pignoramento della prima casa
Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri: lo afferma il codice civile all’art. 2740 c.c. delineando i confini della c.d. responsabilità patrimoniale che funge da garanzia del credito.
In sostanza, qualora il debitore risulti inadempiente, il creditore potrà giungere a rivalersi sui suoi beni tramite la c.d. espropriazione forzata e la successiva vendita dei beni stessi al fine di ottenere la liquidità necessaria a soddisfare il credito.
Le procedure esecutive e la vendita all’asta dei beni scattano solo in caso di debiti per i quali persiste il mancato pagamento e soltanto in presenza delle condizioni stabilite dalla legge.
Il pignoramento, disciplinato dal codice di procedura civile agli artt. da 491 a 497, è l’atto che dà inizio all’espropriazione forzata e può essere mobiliare, immobiliare o presso terzi. Ai creditori, dunque, è consentito anche rivalersi sui beni immobili e, per molti debitori, il timore è proprio quello di vedersi sottrarre la propria casa nell’eventualità di un inadempimento delle obbligazioni.
In passato è capitato spesso che le case venissero pignorate dal fisco (tramite Equitalia) anche in presenza di debiti irrisori con l’erario; per questo il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire dettando restrizioni sul punto, in particolare qualora si tratti della prima casa del debitore.
L’inattaccabilità della prima casa, tuttavia, non è assoluta poiché i limiti alla pignorabilità riguardano solo i debiti con il Fisco e non, invece, i debiti nei confronti di banche, fornitori o altri cittadini privati.
Impignorabilità della prima casa
È stato il c.d. “decreto del fare” n. 69/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 98/2013) a introdurre nel nostro ordinamento l’istituto dell’impignorabilità della prima casa per soli debiti tributari, dunque soltanto qualora ad agire sia l’agente della riscossione a favore della pubblica amministrazione.
Nel dettaglio, il decreto ha modificato l’art. 76, comma 1 del D.P.R 602/1973 recante “Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito”, la cui versione attuale afferma che il pignoramento immobiliare non può essere effettuato dall’Agente della Riscossione (ora l’Agenzia delle Entrate – Riscossione) nei confronti dell’unico immobile di proprietà del debitore, adibito a uso abitativo e nel quale il debitore risiede anagraficamente.
Impignorabilità e caratteristiche dell’immobile
Il testo, dunque, non parla espressamente di “prima casa”, bensì di “unico immobile di proprietà”, una distinzione che non è soltanto terminologica, ma ha riflessi applicativi non indifferenti.
Si pensi, ad esempio, al caso in cui il debitore abbia intestati anche altri immobili, non necessariamente abitazioni (es. appezzamenti di terreno), o sia proprietario di una quota di altro bene immobile (es. in comunione con coniugi o eredi): in tal caso, pur avendo una sola casa, di fatto l’abitazione potrà essere pignorata, non trattandosi dell’unico “immobile” di proprietà.
L’impignorabilità da parte degli agenti della riscossione per debiti tributari, dunque, è garantita solo qualora la prima casa sia anche l’unico immobile di proprietà del debitore. Inoltre, la legge precisa che non deve trattarsi di un immobile di lusso, avente cioè le caratteristiche previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici del 2 agosto 1969, e neppure di un immobile catastalmente classificato come villa (A/8), castello o palazzo di eminente pregio artistico o storico (A/9).
Quando la casa può essere pignorata
In mancanza di anche uno solo di questi requisiti, dunque, il fisco potrà procedere al pignoramento e alla vendita all’asta dell’immobile, ma soltanto qualora l’importo complessivo del debito sia superiore a 120 mila euro e il valore di tutti i beni immobili di proprietà del debitore, tra loro sommati, superi i 120mila euro.
Inoltre, sull’immobile oggetto di pignoramento dovrà essere stata iscritta ipoteca e dovranno essere trascorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debitore abbia pagato/rateizzato il debito e senza che siano intervenuti provvedimenti di sgravio o sospensione.
Se il debito è superiore a 20mila euro, ma inferiore a 120mila euro, invece, all’ente di riscossione sarà consentito soltanto iscrivere un’ipoteca sull’immobile, sena proseguire la procedura esecutiva, così da poter in seguito partecipare ad eventuali azioni esecutive da parte di privati (es. la banca).
Si rammenta, invece, che la prima casa/unico immobile rimane potenzialmente pignorabile, a prescindere dal reddito del proprietario, in caso di debiti, di qualunque importo, nei confronti di banche (ad esempio quella con cui sia stato stipulato un mutuo), soggetti terzi o privati, oppure qualora l’unico immobile sia qualificabile “di lusso” o rientri nella categoria catastale A/8 o A/9.
Il pignoramento immobiliare della prima casa da privato, in conclusione, sarà possibile in caso di debiti con banche, finanziarie, fornitori, condominio, persone fisiche o altre, anche qualora si tratti dell’unica abitazione del debitore.
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