Occupazione abusiva immobile: come difendersi
Si parla di occupazione abusiva di immobile principalmente in due casi: quando un soggetto occupa senza titolo alcuno una proprietà altrui e nel caso in cui il conduttore, dopo la scadenza del contratto, si rifiuta di lasciare l’abitazione.
In entrambi i casi, l’ordinamento prevede diverse forme di tutela di tipo civile e penale, che il soggetto può azionare intraprendendo una causa o denunciando penalmente l’illecito. Ultima tutela il risarcimento del danno, considerato dalla giurisprudenza in re ipsa in caso di occupazione abusiva, salvo eccezioni.
Vediamo quindi più in dettaglio come ci si può difendere in questi casi tramite le azioni previste dal nostro legislatore.
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Le tutele civili contro l’occupazione abusiva di immobile
Il codice civile appronta contro l’occupazione abusiva di un bene immobile senza titolo due azioni: l’azione di rivendicazione e quella di reintegra. Inoltre, nell’ipotesi di mancato rilascio dell’immobile da parte del conduttore, vertendosi sempre in tema di occupazione abusiva, la legge prevede un’azione specifica: la convalida di sfratto.
L’azione di rivendicazione
La rivendicazione è un’azione petitoria, in cui si fa valere il diritto di proprietà. Essa è prevista e disciplinata dall’art. 948 c.c. La norma prevede infatti che“1. Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a recuperarla per l’attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. 2. Il proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa. 3. L’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.”
Questa azione si caratterizza per l’onere della prova che la legge pone a capo del rivendicante. Questo perché chi rivendica la proprietà di un immobile da chi lo detiene o lo possiede deve dimostrare di aver acquistato la titolarità dell’immobile a titolo originario. In caso contrario è tenuto a provare la legittimità di tutti gli acquisti effettuati a titolo derivativo che hanno avuto ad oggetto l’immobile fino a giungere ad un acquisto a titolo originario. Da qui il termine di “probatio diabolica”.
L’azione di reintegrazione o di spoglio
La reintegrazione invece è un’azione di tipo possessorio, che tutela una situazione di fatto con funzione recuperatoria. L’art. 1168 c.c prevede difatti che: “1. Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. 2. L’azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità. 3. Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio. 4. La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.”
A caratterizzare quest’azione è il termine annuale entro il quale il possessore deve agire e la rapidità dell’azione, considerato che la reintegrazione viene disposta dal giudice, come dice la norma “sulla sola notorietà del fatto”. Da ultimo l’azione di reintegrazione può essere chiesta, non solo da chi ha la proprietà del bene, ma anche da chi vanti sullo stesso un diritto reale minore, come l’usufrutto.
Convalida di sfratto se il conduttore non lascia l’immobile dopo la scadenza del contratto
Si ha occupazione abusiva anche quando il conduttore non vuole lasciare l’immobile anche se il contratto è giunto a scadenza.
In questo caso la legge prevede un’azione specifica, che è quella di convalida di sfratto, esperibile anche quando il conduttore non provveda al pagamento del canone nei termini previsti dal contratto (sfratto per morosità).
Il procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, previsto e disciplinato dagli artt. 657–669 c.p.c persegue la finalità di ottenere, in breve tempo, un titolo esecutivo per ottenere il rilascio dell’immobile. Al fine di contrastare gli affitti in nero, l’azione è possibile solo se il contratto di locazione è stato debitamente registrato.
La tutela penale contro l’occupazione abusiva di immobile
Il codice penale tutela il proprietario dall’occupazione abusiva dell’immobile di cui è titolare attraverso la previsione di diversi illeciti penali.
Il reato di invasione di terreni ed edifici
Il primo è il reato di invasione di terreni ed edifici, contemplato dall’art. 633 c.p, il quale dispone che “1.Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati , al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro. 2. Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi.”
Il reato di violazione di domicilio
Reato a cui si accompagna necessariamente anche quello di violazione di domicilio, regolato dall’art 614 c.p, che punisce “1. Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. 2. Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.”
Il reato di danneggiamento
Non solo, chi entra in casa abusivamente e clandestinamente dovrà rispondere anche di altri reati, come quello di danneggiamento di cui all’art 635 c.p se ad esempio, forza la serratura di casa o rompe il vetro di una finestra per entrare.
La procedibilità
Tutti reati procedibili a querela della persona offesa, che quindi dovrà attivarsi nei termini previsti dall’art. 124 c.p. che fissa il termine di tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato, se la legge non dispone altrimenti.
La scriminante dello stato di necessità
La tutela penale prevista per difendersi in caso di occupazione abusiva di immobile soffre però di un’eccezione, rappresentata dalla scriminante dello stato di necessità prevista dall’art. 54 del codice penale.
La norma dispone infatti che: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.”
Come ha avuto modo di chiarire tuttavia la Cassazione, nella recente sentenza n. 27252/2019: “l’illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare – nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo – una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell’occupante e della sua famiglia.”
Il risarcimento del danno da occupazione abusiva
La giurisprudenza è ormai concorde nel riconoscere al titolare del bene occupato da terzi il risarcimento del danno derivante da occupazione abusiva, in quanto tale situazione risulta dannosa “in re ipsa”.
Questo non significa tuttavia che il proprietario possa chiedere i danni sempre e comunque. La Cassazione, nell’ordinanza n. 2364/2018 ha infatti avuto di modo di precisare quanto segue: “Premesso che secondo la giurisprudenza di questa Corte, il danno da occupazione illegittima di immobili è in re ipsa e discende dalla perdita della disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla sua natura normalmente fruttifera, onde la relativa liquidazione può ben essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cosiddetto danno figurativo, qual è il valore locativo del bene usurpato. Occorre tuttavia precisare che l’esistenza di un danno in re ipsa costituisce oggetto di una presunzione iuris tantum. Ne consegue, in particolare, che la presunzione in parola non può operare allorché risulti positivamente accertato che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile ed abbia omesso di esercitare su di esso ogni forma di utilizzazione, non potendosi, in tal caso, ragionevolmente ipotizzare la sussistenza di un concreto pregiudizio derivante dal mancato godimento del bene per effetto dell’illecito comportamento altrui.”
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