L’assegnazione della casa coniugale
Quando si parla di assegnazione della casa coniugale o familiare si fa riferimento a un provvedimento giudiziale che viene emanato nel corso del procedimento di separazione dei coniugi.
Con questo provvedimento il giudice deve stabilire, indipendentemente dalla proprietà dell’immobile, a quale dei due coniugi deve essere assegnata l’abitazione adibita a sede della coppia prima e della famiglia poi.
Definizione di casa coniugale
Con il termine casa coniugale non si fa riferimento solo all’immobile, ovvero al bene in cui la coppia o la famiglia vivono nel quotidiano. La casa coniugale è infatti soprattutto il centro di aggregazione, il nucleo domestico così come percepito e vissuto a livello psicologico da coloro che la abitano.
Per casa coniugale quindi deve intendersi solo quella che rappresenta il luogo di condivisione abituale, stabile e continuativa, comprensiva di arredi e accessori.
La residenza nella casa coniugale
Non rileva che i coniugi abbiano la residenza nella casa coniugale affinché la stessa sia considerata tale da entrambi. Non è infrequente infatti che, per motivi di lavoro, uno dei coniugi abbia la residenza in altra abitazione. Ciò che importa è che nella casa coniugale questi svolga in via principale la sua vita familiare, escluse quindi eventuali seconde case per le vacanze estive.
Criteri di assegnazione della casa coniugale
Nel momento in cui il giudice deve prendere la decisione relativa all’assegnazione della casa coniugale deve, in presenza di figli minori o maggiori non economicamente autosufficienti, tenere conto prima di tutto dei loro interessi (art. 337 sexies c.c.).
Difficile che un giudice allontani i bambini dal luogo in cui hanno vissuto i primi anni della loro vita. La casa infatti, soprattutto per i minori, rappresenta un importante punto di riferimento fisico e psicologico capace di trasmettere loro sicurezza e stabilità.
Gli aspetti su cui si basa la decisione del giudice
Questo non significa che il giudice debba trascurare altri aspetti, come il diritto di proprietà dell’immobile o le condizioni economiche o di salute dei coniugi.
Nel momento in cui il giudice dovesse riscontrare infatti un forte squilibrio economico tra i coniugi, o una problematica di salute, può anche decidere di assegnare la casa coniugale al coniuge più “debole” o in “difficoltà”. Questo perché una parte, seppur minoritaria della giurisprudenza, ritiene che, assegnando la casa coniugale al coniuge maggiormente svantaggiato dal punto di vista economico, sia possibile riequilibrare una situazione non del tutto paritaria.
Orientamento di cui è espressione l’ordinanza del 10.05.2016 del Tribunale di Belluno, per il quale l’assegnazione della casa coniugale può essere disposta, in aggiunta all’assegno di mantenimento e in assenza di figli, in favore del coniuge privo di redditi, per consentirgli di trarre dallo stesso il sostegno necessario a sopravvivere.
Decisione sulla quale, secondo parte maggioritaria della giurisprudenza, incide la presenza dei figli. In caso contrario, infatti, si rischierebbe di “espropriare” un bene al suo legittimo titolare. Va bene quindi assegnare la casa coniugale al coniuge che non lavora o è malato, purché i figli siano collocati presso lo stesso e affidati anche alle sue cure e responsabilità.
A sostenerlo la Cassazione n. 19347/2016, per la quale l’assegnazione della casa familiare
ha come unica finalità quella di tutelare la prole, motivo per cui non può essere considerata una componente dell’assegno di mantenimento di cui all’art. 156 c.c., finalizzato solo a conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Qualifica del diritto dell’assegnatario
Si registra un’assenza di uniformità anche sulla qualifica del diritto dell’assegnatario della casa coniugale, altra questione sulla quale la giurisprudenza non dimostra univocità di vedute.
C’è chi ritiene si tratti di un diritto personale di godimento; chi lo qualifica come un diritto di abitazione; chi infine lo equipara al diritto del comodatario, a cui viene concesso il godimento gratuito del bene.
Cessazione dell’assegnazione
Una cosa è certa, una volta che la casa coniugale è stata assegnata al coniuge non proprietario, costui può sempre perdere il diritto all’assegnazione se:
– cessa di abitare in modo stabile nell’immobile;
– contrae nuove nozze o intraprende una nuova convivenza;
– viene meno il requisito dell’interesse dei figli.
Questa la ragione per cui nei provvedimenti di assegnazione si stabilisce di frequente, come scadenza naturale del diritto, il raggiungimento dell’indipendenza economica della prole.
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